DON LUDOVICO

BUON CAMMINO DON LUDOVICO

È arrivato il giorno della Prima S. Messa di don Ludovico. La nostra Comunità ha dovuto aspettare 115 anni per vedere ancora un suo figlio diven-tare prete dopo P. Ignazio. Abbiamo preparato questo giorno lungo tutto questo anno con varie proposte, a dire la verità non sempre accolte con attenzione o calore. Ormai, però, ci siamo. Personalmente penso che sia uno di quegli eventi per i quali poi si possa dire: “Io c’ero”, ma forse mi illudo. Agli occhi del mondo gli eventi sono ben altri: il concerto di un can-tante, Sinner che diventa n. 1 nel mondo del tennis, la squadra del cuore che vince il campionato. Un giovane che diventa prete non fa proprio più molto notizia, ma forse è giusto così. Gesù ai suoi discepoli aveva detto una parola ancor più forte: “Il mondo vi odierà” (Giovanni 15,18). Scherzosamente nei giorni scorsi, parlando con Ludovico, dicevo che il giorno della sua Prima Messa, lui più che protagonista è vittima, perché deve subire tutto ciò che gli altri hanno preparato per lui. Una battuta scherzosa che però ha del vero, perché il prete, come Gesù, è “altare, vitti-ma e sacerdote”. Il prete, come Gesù, è colui che serve, che dona la vita nel servizio dei fratelli, che offre la sua vita unendosi al sacrificio di Gesù in particolare nella celebrazione dell’Eucaristia, per la salvezza del mondo. Il prete non è l’eroe protagonista di un romanzo avventuroso, anche se il suo compito è delicato e importante; non è l’uomo famoso che si mette su un piedistallo per essere o-norato e magari adulato; è il servo che si fa piccolo, che, come Giovanni Battista, deve scomparire per far conoscere Gesù, per far crescere Gesù nel cuore dei fratelli. Perché allora fare festa e fare festa grande? Perché un giovane che diventa prete è segno dell’amore di Dio: amore che avvolge e coinvolge anzitutto chi scelto da Dio per questo ministero, ma è amore che avvolge e coinvolge anche tutta la comunità.
La festa è la festa di tutta una Comunità che loda e ringrazia il Signore per un dono totalmente gratuito e immeritato, e in tutto questo Ludovico si presta ad accogliere tutto ciò che la comunità ha preparato, forse anche un po’ “obtorto collo”. Caro Ludovico! Permettimi che mi rivolga direttamente a te. Non te la prendere se in questo giorno abbiamo fatto un po’ di testa nostra. Anche le piccole forche caudine a cui verrai sottoposto in questo giorno ricordano che hai scelto di essere “vittima” con Gesù per la salvezza del mondo.
È quello che celebrerai e vivrai nella tua Prima santa Messa e in ogni messa che celebre-rai, ed è questo che conta.

 

GIORNATA MONDIALE DEI BAMBINI 2024

L’ha voluta Papa Francesco, che per questa occasione ha scritto un messaggio ai bambini. Consapevole che questo foglio non viene letto dai bambini (e forse nemmeno da tanti adulti) vorrei riassumere alcune indicazioni che il Papa dà ai fanciulli con parole semplici e dirette, certo che possono servire anche agli adulti. Papa Francesco richiama anzitutto la sua enciclica e dice ai ragazzi che siamo tutti fratelli. In questa ottica non possiamo dimenticare tutti quei bambini che già si trovano a lottare contro mille malattie e difficoltà, chi è vittima della guerra e della violenza, chi soffre la fame, chi vive in strada, chi è costretto a fare il soldato o a fuggire come profugo … insomma, tutti quei bambini a cui viene rubata l’infanzia. Che fare per “rendere nuove le cose” così come Gesù sa “fare nuove tutte le cose”? (Apocalisse 21,5) Tre piccole ma concrete indicazioni, che valgono anche per i grandi. Cominciare dalle cose semplici, come salutare gli altri, chiedere permesso, chiedere scusa, dire grazie. Il mondo si trasforma prima di tutto attraverso le cose piccole. Da soli non si può essere felici, perciò è bello condividere i dono ricevuti e coltivare delle vere amicizie: L’amicizia è bellissima e cresce solo così, nella condivisione e nel perdono, con pazienza, coraggio, creatività e fantasia, senza paura e senza pregiudizi. Per essere felici bisogna pregare, pregare tanto, tutti i giorni, perché la preghiera ci collega con Dio. E quando siamo collegati a Dio, siamo collegati anche a tutti i fratelli e facciamo circolare nel mondo la linfa vitale dell’amore di Dio per tutti gli uomini. Tre piccoli passi che tutti possiamo compiere dai bambini agli adulti, anzi, forse dobbiamo proprio imparare dai bambini ad avere quella semplicità di cuore che accoglie tutti, che si apre all’amicizia e che sa stupirsi anche di fronte al mistero di Dio che entra nella nostra vita. Possiamo perciò, in questa domenica, raccogliere l’invito del Vangelo a diventare piccoli come i bambini: "In verità io vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque si farà piccolo come questo bambino, costui è il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglierà un solo bambino come questo nel mio nome, accoglie me” (Matteo, 18,3-5). Veramente i bambini ci educano come diceva il Cardinal Martini in una sua lettera pastorale, e come ancora prima, diceva don Bosco ricordandoci che l’educazione è “cosa del cuore” e non è possibile educare se non stando insieme ai ragazzi per ascoltare le loro domande, anche quelle inespresse, quelle colte da una sfumatura di un’espressione del viso, da un atteggiamento educato o da una reazione faticosa. In ogni caso, come dice il Papa nel messaggio ai bambini, ogni bambino “è prezioso” agli occhi di Dio (Isaia 43,4). Ascoltiamo i bambini. Mettiamoci al loro passo. Impariamo ad avere un cuore come il loro. Solo così sapremo educarli, ma sapremo anche camminare con loro per fare nuove tutte le cose. Non posso non esprimere, in questo giorno, anche un grande senso di riconoscenza alle nostre Scuole dell’Infanzia per il lavoro educativo che svolgono, in uno stile evangelico di educazione anche alla fede, che è all’origine della loro storia, dentro il tessuto delle nostre Comunità cristiane. Buona festa dei bambini e con i bambini! 

ALLA DIVINA MISERICORDIA DI SAN GIOVANNI PAOLO II

Il 17 agosto 2002, a Cracovia, San Giovanni Paolo II affidò alla Divina Misericordia le sorti del mondo con questa bellissima preghiera

 

Dio, Padre misericordioso,
che hai rivelato il Tuo amore nel Figlio tuo Gesù Cristo,
e l’hai riversato su di noi nello Spirito Santo, Consolatore,
Ti affidiamo oggi i destini del mondo e di ogni uomo.
Chinati su di noi peccatori,
risana la nostra debolezza,
sconfiggi ogni male,
fa' che tutti gli abitanti della terra
sperimentino la tua misericordia,
affinché in Te, Dio Uno e Trino,
trovino sempre la fonte della speranza.
Eterno Padre,
per la dolorosa Passione e la Risurrezione del tuo Figlio,
abbi misericordia di noi e del mondo intero!
Amen.

Dall’omelia del Cardinal Martini per il giorno di Pasqua del 1999

La gioia dell’incontro

Come vorrei che questo grido di gioia sorgiva, scoppiato dal cuore della donna, fosse oggi il grido di tutti noi che stiamo celebrando l’evento della risurrezione, il grido di tutte le nostre comunità, di tutta la Chiesa, di tutta l’umanità! Come vor­rei che la Pasqua 1999
costituisse per noi un nuovo esodo dalla nostra condizione di fragilità e di peccato verso la condizione di figli che è la nostra vocazione, il nostro destino, la vocazione e il destino di tutti gli uomini! Come vorrei che la nostra fede non si stancasse mai di essere sorpresa,
stupefatta, entusiasta e si traducesse in speranza coraggiosa e vibrante! Il Risorto è presente nella nostra vita ogni volta che ripetiamo i suoi gesti, le sue parole, le sue azioni; ogni volta che viviamo gli atteggiamenti evangelici. Il Risorto è presente in questa Eucaristia; è nei nostri cuori mossi dalla forza dello Spirito. La nostra esistenza quotidiana ha già, nella sua modestia e quasi nella sua insignificanza, i segni della risurrezione. E il Risorto sostiene anche con la sua grazia gli operatori di giustizia e di pace, tutti coloro che si sforzano di andare al di là delle armi, che si impegnano negli aiuti umanitari e invocano con sincerità la pace; tutti coloro che si rendono presenti in tanti luoghi dove permane la guerra, per compiere gesti di solidarietà e di amicizia. Preghiamo quindi, in questa Eucaristia, affinché tutti abbiano la forza di operare il bene e non siano vinti dalla frustrazione e dalla stanchezza.

Auguro a voi la buona Pasqua come piena rivelazione della nostra condizione di figli di Dio e di fratelli chiamati a portare nel mondo la bontà, la fraternità e la pace del Risorto. Auguro pace a tutti gli abitanti della nostra città, a tutti gli ospiti, ai fratelli e sorelle mala-
ti, ai sofferenti, ai poveri, ai car-cerati, agli emarginati, ai profughi e a quanti attendono gesti di amore. Per tutti Gesù è morto sulla croce, per tutti è risuscitato e a tutti il Padre vuole dare la vita senza fine. Mi piace concludere con una parola di sant’Agostino, che ci invita, malgrado tutto, a gioire e a cantare, pensando alla felicità piena che ci attende:

«O felice l’Alleluia di lassù!
Là loderemo Dio e qua lodiamo Dio; ma qui negli affanni, là nella sicurezza;
qui nell’attesa della morte, là nella certezza di vivere sempre;
qui nella speranza, là nella realtà; qui sulla via, là nella patria.
Or dunque cantiamo, fratelli miei,
non nella dolcezza del riposo ma per alleviare la fatica...
Canta, ma cammina; va avanti nel bene, avanza nella fede,
avanza nella virtù. Canta e cammina».

 

Dall’omelia di Papa Francesco per la Domenica delle Palme 2023

Le sofferenze di Gesù sono state tante, e ogni volta che ascoltiamo il racconto della passione ci entrano dentro. Sono state sofferenze del corpo: pensiamo agli schiaffi, alle percosse, alla flagellazione, alla corona di spine, alla tortura della croce. Sono state sofferenze dell’anima: il tradimento di Giuda, i rinnegamenti di Pietro, le condanne religiose e civili, lo scherno delle guardie, gli insulti sotto la croce, il rifiuto di tanti, il fallimento di tutto, l’abbandono dei discepoli.

Eppure, in tutto questo dolore a Gesù restava una certezza: la vicinanza del Padre. Ma ora accade l’impensabile; prima di morire grida: «Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?». L’abbandono di Gesù. Ecco la sofferenza più lacerante, è la sofferenza dello spirito: nell’ora più tragica Gesù prova l’abbandono da parte di Dio. Mai, prima di allora, aveva chiamato il Padre con il nome generico di Dio. L’evento reale è l’abbassamento estremo, cioè l’abbandono di suo Padre, l’abbandono di Dio. Il Signore arriva a soffrire per amore nostro quanto per noi è difficile persino comprendere. Vede il cielo chiuso, sperimenta la frontiera amara del vivere, il naufragio dell’esistenza, il crollo di ogni certezza: grida “il perché dei perché”. “Tu, Dio, perché?”.

Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?
E perché è arrivato a tanto? per noi, non c’è un’altra risposta. Per noi. Fratelli e sorelle, oggi questo non è uno spettacolo. Ognuno, ascoltando l’abbandono di Gesù, ognuno di noi si dica: per me. Questo abbandono è il prezzo che ha pagato per me. Si
è fatto solidale con ognuno di noi fino al punto estremo, per essere con noi fino in fondo. Fratelli e sorelle, un amore così, tutto per noi, fino alla fine, l’amore di Gesù è capace di trasformare i nostri cuori di pietra in cuori di carne. È un amore di pietà, di tenerezza, di compassione. Lo stile di Dio è questo: vicinanza, compassione e tenerezza. Dio è così. Cristo abbandonato ci smuove a cercarlo e ad amarlo negli abbandonati. Perché in loro non ci sono solo dei bisognosi, ma c’è Lui, Gesù abbandonato, Colui che ci ha salvati scendendo fino al fondo della nostra condizione umana. Gesù abbandonato ci chiede di avere occhi e cuore per gli abbandonati. Per noi, discepoli dell’Abbandonato, nessuno può essere emarginato, nessuno può essere lasciato a sé stesso; perché, ricordiamolo, le persone rifiutate ed escluse sono icone viventi di Cristo, ci ricordano il suo amore folle, il suo abbandono che ci salva da ogni solitudine e desolazione. Fratelli e sorelle, chiediamo oggi questa grazia: di saper amare Gesù abbandonato e di saper amare Gesù in ogni abbandonato, in ogni abbandonata. Chiediamo la grazia di saper vedere, di saper riconoscere il Signore che ancora grida in loro. Non permettiamo che la sua voce si perda nel silenzio assordante dell’indifferenza. Non siamo stati lasciati soli da Dio; prendiamoci cura di chi viene lasciato solo. Allora, soltanto allora, faremo nostri i desideri e i sentimenti di Colui che per noi «svuotò se stesso»

(Fil 2,7). Si svuotò totalmente per noi.